“Simeone prese il bambino in braccio e disse… I miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Luca 2:28 e 30).
Siamo arrivati al tempo di Natale. Esultiamo pieni di gioia per la nascita del bambino Gesù. Ma il mondo è in guerra, almeno 50 conflitti armati stanno flagellando diverse regioni della terra. Attualmente, 845 milioni di persone sono a rischio di morte per fame. L’ultima ondata di freddo ha provocato molte
vittime in Europa, soprattutto anziani soli e barboni. Arriva il Natale e come ogni anno ci chiediamo: cosa celebriamo? Per una parte importante del mondo sembra che non ci siano ragioni per celebrare. Invece, non possiamo rassegnarci alla logica della sconfitta. Certo il nostro mondo e le nostre città ci mostrano i loro volti più disumani, la fame e la povertà, i poveri sono sempre fra noi, anche in questo Natale. Cosa celebriamo dunque malgrado tutti i punti oscuri della realtà?
Celebriamo con fede la salvezza che abbiamo visto con gli occhi e toccato con le mani. Simeone celebra la salvezza che prende corpo nella nascita di Gesù.
Nel momento stesso in cui afferma: “i miei occhi hanno visto la tua salvezza”, Simeone aggiunge: “ora… posso andare in pace”. La salvezza che egli celebra si declinerà al futuro, è un oggi ma non ancora. Vedo questa salvezza nel bambino Gesù, la tocco, vale a dire, mi sfiora ma non mi appartiene, è realtà futura che crescerà con il bambino, diventerà forte e una realtà universale. Simeone celebra una salvezza che egli non avrebbe vista compiersi del tutto, ma la celebra ugualmente perché coinvolgerà tutti gli esseri umani e tutto il creato.
Celebriamo con speranza la salvezza che il Natale evoca con forza. Non dimentichiamo che il Natale avviene nel segno della misericordia di Dio ma anche
nell’ombra della violenza di Erode, nell’invito a non avere più paura ma anche nella precarietà del freddo degli sfollati, degli stranieri e dei clandestini senza fissa dimora, nella miseria dei fuggiaschi come Maria e Giuseppe, nella gioia per la nascita di una nuova vita ma anche nel dolore delle madri che
piangono i figlioli morti. Questa salvezza si realizza nel paradosso: quello che vediamo e tocchiamo non sembra ciò che aspettavamo. La fede distingue nella nascita gioiosa di Gesù la certezza che proprio per questo si tratta di un “segno divino” da scoprire come opera di Dio e non nostra.
Celebriamo con gioia la salvezza che inizia con una nascita. Simeone vede, tocca la salvezza che solo Dio può compiere: a Lui “tutto è possibile”. Il mondo continua ad essere un luogo oscuro, ma siamo già stati toccati dalla salvezza che ci sarà rivelata del tutto quando avverrà la seconda venuta del
bimbo nato a Betlemme.
Nell’augurarvi un Natale sereno e pieno di gioia vogliamo ricordare i profondi bisogni del mondo. Ritorniamo al Natale autentico, quello della povertà evangelica, del segno essenziale, dell’umiltà del Salvatore che sceglie la mangiatoia e non il palazzo, l’aria aperta e non il tempio luccicante di marmi
pregiati. Spogliamoci del superfluo per lasciare lo spazio al Signore. Celebriamo il Natale, dando noi stessi al Signore e al nostro prossimo nel bisogno! Buon Natale a tutti nel nome della vita nuova che è nata in mezzo a noi.
Il Comitato di Presidenza del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano