Buonasera a tutti. Vi ringrazio della vostra presenza e vi do il più sincero benvenuto a questa serata che caratterizza, a Milano, la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo fra ebrei e cristiani.
Vorrei ringraziare il Comune di Milano per la generosa disponibilità nella concessione di questa bella Sala in cui ci troviamo. Così come ringrazio gli ospiti che questa sera ci aiuteranno a riflettere sul tema di questa Giornata (nomi) – [forze dell’ordine]
[E vorrei anche rivolgere un saluto particolare all’amico Gioachino Pistone, della Chiesa Valdese, animatore per anni del gruppo interconfessionale Teshuvà, Gioachino è reduce da un difficile periodo di malattia e siamo davvero contenti di averlo qui con noi oggi.]
Come sapete, la Giornata è stata ideata 19 anni fa dalla Conferenza Episcopale Italiana e dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia nel solco dei migliorati rapporti fra cattolici ed ebrei. A Milano, però, da quando esiste, la gestione della Giornata è affidata al Consiglio delle Chiese Cristiane, che raccoglie 17 diverse confessioni e denominazioni. E questo è un segno forte, che ci riempie di moderato orgoglio e di grande responsabilità.
Quest’anno – in continuazione con i temi degli anni precedenti – focalizzeremo la nostra attenzione sulla Nona Parola del Decalogo, secondo la tradizione biblica, così come esso è riportato nel capitolo 20 di Esodo. La Nona Parola recita: “Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo”.
Mi limiterò a qualche parola di introduzione, solo per dirvi che spesso, quando si tratta di commentare e approfondire le Parole del Decalogo, mi è tornato in mente un discorso che il cardinale Carlo Maria Martini tenne nell’ottobre 1991 su “Cristianesimo e cultura in Europa”. Erano i tempi in cui infuriava il dibattito sulle “radici ebraico-cristiane” del nostro continente.
Un dibattito che – devo dire francamente (ma è una mia opinione personale) – ho sempre capito poco, perché credo che ci fosse un equivoco di base, laddove si confondevano le radici con l’humus, gli innesti, le foglie, i frutti…
Ma torniamo a noi. Il cardinale Martini in quell’occasione – quasi 25 anni fa! – poneva il tema del dialogo, in Europa, con un numero crescente di immigrati seguaci di altre religioni, soprattutto musulmani. E – citando anche papa Wojtyla – chiedeva che il dialogo avvenisse “nella chiarezza e nel mutuo rispetto”.
Ebbene, l’elemento che vorrei portare alla vostra attenzione riguarda la sua convinzione che la Bibbia potesse e dovesse essere considerata “il grande libro educativo dell’umanità”, non solo come libro letterario (grazie alle sue pagine di straordinaria efficacia e bellezza), ma anche come libro sapienziale, che – attraverso le vicende di un popolo nell’ambito di altri popoli, e attraverso un progressivo cammino di liberazione, di presa di coscienza, di crescita di responsabilità – può fornire un paradigma storico per l’intera umanità. Ne ha parlato il rabbino Laras in un recente bell’articolo sul Corriere della Sera.
Ma Martini citava anche il valdese Giorgio Girardet secondo il quale “è difficile sottovalutare il peso che la Bibbia ha avuto nella formazione e nell’elaborazione della civiltà occidentale, nella sua filosofia, nelle sue dottrine politiche, nell’etica e nella concezione del mondo: cioè per molti aspetti che rendono l’Occidente originale e diverso da altre culture e civiltà.”.
Ecco, secondo me gli incontri sulle singole Dieci Parole del Decalogo vanno inseriti in questo quadro. Cosa possono dire a noi, uomini e donne del 21.mo secolo, quelle parole antiche eppure sempre nuove e sanamente provocanti?
E qui mi fermo e do la parola alla moderatrice, la pastora valdese Dorothee Mack, che presenterà gli ospiti di questa sera e modererà il dibattito su un tema così importante.