Testi della tavola rotonda del 30 maggio 2009 organizzata dal CCCM.
Past. Luca Maria Negro
Segretario per le comunicazioni della Conferenza delle chiese europee
E’ stato realmente un evento di pentecoste dono e frutto dello Spirito, che ci ha accompagnati e guidati nel nostro lavoro. Le diverse tradizioni, la storia , le lingue, le diverse tradizioni delle Chiese e dei popoli europei si sono integrati, malgrado alcune difficoltà e qualche fatica, in un’armonia di insieme che permette di gustare anticipatamente e di invocare con rinnovata fiducia il dono della piena comunione e dell’unità per il quale il Signore stesso ha pregato. Le parole che sto citando sono più o meno parole del Card. Martini in una lettera del 30 settembre 1989 ma Jean Fischer, allora Segretario generale della Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e organizzatore della prima Assemblea Ecumenica Europea, insieme al suo omologo cattolica, Mons Ivo Fürer, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE).
Anche in presenza di diversi orientamenti culturali e ideologici, proseguiva Martini «è apparso che l’impegno per la pace, per la giustizia, per l’ambiente devono essere pensati, vissuti e realizzati come aspetti e dimensioni particolari e specifiche di uno stesso impegno etico. Infine abbiamo piotuto percepire, quasi visualmente, come l’Europa potrebbe ancora ritrovarsi unita in tutta la sua estensione e potrebbe compiere la sua missione nella riscoperta di queste radici cristiane profonde».
Queste belle parole di Martini riassumono da sole il senso dell’evento di Basilea, un evento di Pentecoste, un’anticipazione dell’unità cristiana e al tempo stesso dell’unità del nostro continente, la riscoperta di “radici cristiane profonde” che, badate bene, sono quelle dell’impegno per la pace, per la giustizia, per l’ambiente.
Che cosa posso aggiungere ?m Devo anzitutto “confessare” che non ero fisicamente a Basilea. anche se ho partecipato fisicamente a questo evento, prima, durante e dopo sia attraverso l’impegno di comunità cristiane nel processo preparatorio che con la rivista ecumenica “Confronti” di cui il primo numero uscì proprio nel maggio 1989. Io ero il giovane direttore della rivista, ma l’inviato speciale di “Confronti” a Basilea era uno degli oratori di stassera nonché uno dei miei maestri di giornalismo, Luigi Sandri.
Non ero a Basilea, dunque , ma sono stato attivamente imprgnato nella organizzazione della seconda Assemblea ecumenica europea (AEE2) Graz , 1997 che della terza (AEE3, Sibiu, 2007). Quello che vorrei fare questa sera è evidenziare quattro elementi di Basilea, mettendoli in collegamento, dove possibile, con gli sviluppi delle due successive Assemblee.
Basilea, la realizzazione di un sogno
Basilea, come diceva Martini, è stato un evento anticipatore dell’unità europea e in particolare della caduta dei muri, Il gesto simbolico più forte dell’Assemblea è stato senza dubbio la “marcia delle tre frontiere
Basilea, come diceva Martini, è stato un evento anticipatore dell’unità europea e in particolare della caduta dei muri. Il gesto simbolico più forte dell’Assemblea è stato senza dubbio la “marcia delle tre frontiere”, quando i 5-6000 partecipanti hanno potuto traversare, senza alcun controllo, la frontiera svizzero-tedesca per poi recarsi in Francia e da lì tornare verso la Svizzera, sempre senza bisogno di esibire passaporti o visti. Certo, per noi che oggi viviamo nello spazio Schengen un’impresa del genere non fa più nessun effetto: ma pensate quale impatto emotivo o simbolico poteva avere nel 1989, in particolare per i delegati dei paesi dell’est, oppure per chi aveva vissuto la guerra, come il vescovo luterano Hubertus Brandenburg che, nella tappa francese della marcia, raccontò ai partecipanti di aver finalmente potuto realizzare un sogno che aveva sognato 50 anni prima, nel 1939: il sogno appunto di una “folla di ogni nazionalità che varcava le frontiere della Germania, della Francia, della Svizzera, senza passaporto né controllo poliziesco (cit. in J.M.Prieur, Responsables de la création). Sotto questo punto di vista, le successive Assemblee ecumeniche europee non hanno fatto che approfondire la realizzazione di questo sogno, pur senza dimenticare le contraddizioni della realtà.
Se Basilea ha anticipato la caduta dei muri, Graz è stata la prima vera Assemblea paneuropea, nel senso che, finalmente, i credenti dei paesi dell’est hanno potuto parteciparvi liberamente, e lo hanno fatto in massa: su 10.000 partecipanti, un decimo, cioè più di mille persone, provenivano dalla sola Romania. Al tempo stesso, Graz ha dovuto fare i conti con le guerre dei Balcani dei primi anni 90, affrontando significativamente il tema della “riconciliazione.”.
Sibiu è stata la prima, grande Assemblea ecumenica a svolgersi in un paese dell’est a maggioranza ortodossa e anche la prima a cui abbiano partecipato in qualità di oratori i principali dirigenti europei: il Presidente della Comunità Europea Barroso, due Commissari Europei (Orban e Figel) il Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, René Van der Linden. Ricordando l’Assemblea di Basilea come il primo incontro cristiano paneuropeo dallo scisma del 1054, il Presidente Barroso ha sottolineato che la sua presenza a Sibiu era “il riflesso dell’impegno della vasta comunità cristiana al processo di integrazione europea”. Nella parte dedicata all’Europa, il messaggio finale di Sibiu ha evidenziato alcuni pericoli e ostacoli al processo di integrazione, l’antisemitismo, l’urgenza del dialogo religioso, l’accoglienza degli immigrati e la lotta alla xenofobia.
2. Un processo di partecipazione aperto a tutti
Basilea ha inaugurato un nuovo modo di fare ecumenismo in Europa. Prima di Basilea, la KEK e il CCEE avevano organizzato una serie di incontri ecumenici riservati ai soli delegati delle chiese e conferenze episcopali, insomma a degli specialisti. Nell’introduzione agli Atti di Basilea, i due segretari generali Fischer e Fürer spiegano invece che “Basilea ha coniugato gli elementi di un’Assemblea di chiese e di un Kirchentag” cioè di un incontro di delegati ma al tempo stesso un grande incontro del popolo di Dio. Si è trattato in qualche modo di due eventi paralleli, ma che certamente si sono profondamente influenzati a vicenda. L’Assemblea di Graz ha perfezionato questo modello, con una partecipazione di popolo ancor più marcata (diecimila presenze) e con una organizzazione al cui centro c’era una serie di “forum”aperti sia ai delegati sia al popolo di Dio.
Molto importante anche il processo di partecipazione alla stesura del Documento di Basilea: dopo la prima bozza, inviata alle Chiese nel 1988, gli organizzatori hanno ricevuto ben 600 risposte! Questo modello doppiamente partecipativo, fondato su una costruzione collettiva dei documenti e sulla presenza contemporanea di delegati e della base, ha avuto una battuta d’arresto con l’Assemblea di Sibiu, che ha tentato (con scarso successo) un diverso modello. Certo, a Sibiu c’erano oltre 1500 delegati anziché 700, ma è mancata quella partecipazione spontanea della base che aveva caratterizzato le due precedenti assemblee, e l’intera Assemblea non è riuscita a dare realmente spazio alla partecipazione attiva dei delegati. Come ho già avuto modo di dire qui a Milano, in un incontro promosso dalle ACLI e di cui sono appena usciti gli Atti, “Prospettive Ecumeniche dopo l’Assemblea di Sibiu”, il principale difetto di Sibiu è stato il “deficit di partecipazione”. Qualcosa non ha funzionato: non c’è tempo di entrare nei dettagli, ma segnalo nel volume già citato l’intervento di Aldo Giordano che lamenta il fatto che non si sia riusciti a realizzare il progetto iniziale (che era poi la sua proposta), quello di “un’assemblea di assemblee”.
Comunque sia, il modello partecipativo inaugurato a Basilea e perfezionato a Graz per me resta valido, e spero sia rivalutato in vista di futuri eventi ecumenici.
3. La partecipazione delle donne
Il terzo elemento che vorrei sottolineare è la partecipazione delle donne. A Basilea, la presenza delle donne era più che evidente attraverso la famosa “Virunga”, la barca delle donne stazionata sul Reno, che durante tutta l’Assemblea, ha ospitato decine di incontri aperti a donne e uomini, uno “hearing” dedicato alla “Comunità di donne e uomini nella Chiesa, realtà o utopia ?”ha attivato ben 1500 partecipanti.
Significativa, nel documento finale, la parte dedicata a questo tema: ”Oggi la conversione a Dio (metanoia) significa impegnarsi a superare:
– le divisioni fra uomini e donne nella Chiesa e la società
– la svalutazione e l’incomprensione dei contributi indispensabili delle donne
– il ruolo di uomini e donne determinato ideologicamente e gli stereotipi
-il rifiuto di riconoscere i doni che le donne hanno ricevuto per la vita e i processi di decisione delle Chiese per entrare in una comunione nuova di uomini e donne nella Chiesa e la società, dove le donne condividono una eguale responsabilità con gli uomini a tutti i livelli e apportano liberamente i loro talenti , le loro percezioni, valori e esperienze”.
Per la cronaca, ricordiamo che nelle affermazioni fondamentali (8 h j) la maggioranza dei votanti ha rifiutato la formula “facilitare una più grande partecipazione delle donne alla direzione delle Chiese, che figurava nella “ bozza del Documento, sostituendo l’espressione con una più neutra di partecipazione “ai processi di decisione”. Comunque il documento arriva a raccomandare “il dialogo con la teologia femminista” (8 h j ).
Che ne è stato di questo slancio verso l’inclusività ? Non è rimasto molto, devo dire… A Graz, il Forum dedicato alla comunità di uomini e donne nelle chiese e al Decennio Ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne è stato l’unico a non trovare uno spazio fisico all’interno della Fiera di Graz, e si è dovuto svolgere nella distante Chiesa Luterana, peraltro piena fino all’inverosimile. Io ero uno dei due oratori maschi, e ricordo di aver sostenuto la tesi che il Decennio fosse in realtà un decennio di solidarietà non delle chiese, ma “delle donne di chiesa con le donne”, visto il disinteresse delle chiese ufficiali.
Nella Charta Oecumenica, uno dei frutti di Graz, approvata nel 2001, manca un paragrafo dedicato alle donne, e il relativo impegno compare al punto 8, sotto: “Riconciliare popoli e culture”. A Sibiu le donne oratrici si contavano sulla punta delle dita , e nel messaggio finale non c’è traccia delle donne salvo che nell’uso del linguaggio inclusivo.
Permettetemi di aggiungere che questa preoccupante emarginazione delle donne ha delle conseguenze negative anche a altri livelli, ed è collegata alla attuale incapacità del movimento ecumenico di avviare un dialogo serio sui temi dell’etica sessuale e familiare. Ci sono argomenti che restano tabù, come quello sull’omosessualità. Recentemente, c’è stata una certa tensione tra KEK e CCEE a causa di una iniziativa svoltasi in Italia: un incontro bilaterale tra cattolici e ortodossi sui temi della famiglia, promosso dal CCEE, a cui la KEK non è stata invitata . Il documento finale di questo incontro contiene sicuramente degli spunti interessanti, specie sul piano delle politiche sociali a favore della famiglia, ma d’altra parte ribadisce una visione fortemente tradizionale della famiglia, e la condanna senza appello non solo dell’omosessualità, ma di ogni tentativo di garantire, sul piano civile, i diritti delle coppie gay. A un’agenzia di stampa italiana che mi chiedeva che cosa pensassi di questo incontro, ho risposto esprimendo la mia perplessità sull’utilità di un tale incontro bilaterale, con le parole della Charta Oecumenica che al § 6 ci impegna a “ricercare il dialogo sui temi controversi, in particolare su questioni di fede e di etica, sulle quali incombe il rischio della divisione , e a dibattere insieme tali problemi alla luce del Vangelo”.
4. Salvaguardia del creato
Ultimo elemento: la salvaguardia del creato, che è stato uno dei temi emergenti dell’Assemblea. Anche se non era presente nel titolo dell’Assemblea “Pace nella giustizia”, la tematica ambientale ha avuto un grande rilievo sia nei lavori assembleari sia nel documento finale. L’intuizione di Basilea sulla centralità del tema del creato è stata confermata sia da Graz (da cui è nata la rete ambientalista ECEN, la cui ultima Assemblea è stato ospitata proprio dalle Chiese cristiane di Milano) sia da Sibiu, il cui messaggio finale afferma: “Preoccupati per la creazione di Dio, preghiamo per una maggiore sensibilità e rispetto per la sua meravigliosa diversità. Lavoriamo per contrastare il suo vergognoso sfruttamento, a causa del quale tutta la creazione geme aspettando la redenzione (cf. Rm 8, 22-23) e ci impegniamo per la riconciliazione fra l’umanità e la natura.” Segue la decima e ultima raccomandazione del Messaggio: “Raccomandiamo che il periodo che va dal 1 settembre al 4 ottobre venga dedicato a pregare per la salvaguardia del creato e alla promozione di stili di vita sostenibili per contribuire a invertire la tendenza del cambiamento climatico”.